Le neoplasie ematologiche sono tumori del sistema emopoietico che interessano le diverse linee cellulari in particolare mieloidi, linfoidi e che comprendono le leucemie acute e croniche, le mielodisplasie e le malattie mieloproliferative croniche.
La eziopatogenesi di queste malattie è multifattoriale ed è il risultato di una complessa serie di eventi che interessa sia fattori genetici sia fattori ambientali (ad esempio radiazioni ionizzanti, sostanze tossiche come derivati del benzene, agenti infettivi e così via).
Le anomalie cromosomiche, sia numeriche che strutturali, in particolare le traslocazioni cromosomiche, sono di comune riscontro nelle neoplasie ematologiche, fino a diventare specifiche per la diagnosi di alcune patologie come per esempio la traslocazione t(9;22) nella leucemia mieloide cronica o la traslocazione t(15;17) nella leucemia promielocitica acuta. Pertanto, lo studio genetico delle neoplasie ematologiche è diventato un esame di routine nel percorso diagnostico di queste patologie. Le tecniche adottate sono la citogenetica classica con esame del cariotipo e la citogenetica molecolare con tecnica FISH (Fluorescence In Situ Hybridization). La FISH consente di diagnosticare anomalie cromosomiche numeriche e strutturali sia su cromosomi in metafase che su nuclei in interfase permettendo così di superare la fase delle colture cellulari. Esso è un indispensabile complemento della citogenetica tradizionale in quanto ha un maggiore potere di risoluzione e consente di riconoscere anomalie come microdelezioni non evidenziabili con la citogenetica classica. Il riconoscimento di anomalie genetiche ha un impatto fondamentale di tipo diagnostico, prognostico e predittivo come Per le neoplasie ematologiche la FISH viene eseguita su sangue da aspirati midollari o da sangue periferico. Il campione di sangue viene adeguatamente trattato e dal buffy coat vengono raccolti gli elementi cellulari nucleati (globuli bianchi). Il trattamento delle cellule fino all’allestimento del vetrino citologico su cui eseguire il test di ibridazione con sonda specifica fluorescente rappresenta una tappa di fondamentale importanza per la qualità del test FISH e quindi sulla diagnosi finale.
L’ obiettivo è mirato all’ implementazione di un nuovo approccio metodologico nei casi in cui i campioni ematologici di sangue midollare presentano all’allestimento un pellet inesistente. Il nuovo protocollo ideato prevede l’utilizzo di vetrini citologici da aspirati midollari già allestiti e colorati con protocollo May Grunwald Giemsa e utilizzati dall’ematologo clinico per la diagnosi morfologica. La messa a punto di questo nuovo protocollo ha lo scopo di ottimizzare l’uso di materiale di archivio soprattutto in quei casi dove il pellet è inesistente e le condizioni cliniche sono tali per cui la ripetizione del prelievo midollare non è immediatamente possibile.
Tale protocollo di laboratorio può essere utilizzato direttamente per il primo approccio diagnostico genetico , non prelevando quantità di sangue midollare superiore a quella che serve per allestire strisci di sangue utilizzati dall’ ematologo per la diagnosi morfologica . Inoltre permette di accorciare i tempi di lavoro, in quanto si supera lo step preliminare di allestimento del campione di partenza (costituito da sangue midollare) da cui verranno estratti solamente i globuli bianchi.
Tale protocollo può essere adottato in ogni laboratorio di Genetica, sia pubblico che privato, che svolge tale indagini. Enti di ricerca ed università possono avvalersene per condurre i loro studi. Le ditte fornitrici ai laboratori possono sviluppare un kit diagnostico secondo tale procedura.
I costi di questa metodica sono esplicitamente bassi , in quanto vi è l’ utilizzo di soluzioni chimiche di comune uso nei laboratori di Genetica, Biologia molecolare e di Diagnostica.